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Su Ladiraiu, un mestiere che nasce da antichi saperi

    Nella Sardegna Centro Meridionale, da Oristano a Cagliari e dal Sulcis al Sarrabus, fino agli anni ’50 del secolo scorso, le abitazioni dei paesi venivano costruite con un materiale totalmente naturale: la Terra Cruda (in sardo campidanese Làdiri, Làdrini, Làrdini, Làdri, Làrdi). Su Làdiraiu era il mestiere di chi, con esperienza e sapienza, costruiva questi mattoni di terra e paglia. Mestiere quasi del tutto scomparso. Oggi andiamo a conoscere Luca Murgia, giovane Ladiraiu di Monastir. Luca lavora da più di due decenni nel mondo dell’edilizia, con particolare attenzione al campo della bioedilizia e della terra cruda, dove negli ultimi anni ha acquisito esperienza e valore aggiunto alla sua attività di operaio/artigiano. Attento all’ambiente e al territorio, sempre in prima linea nel difendere la terra sarda e nel diffondere conoscenza e consapevolezza sulle tecniche costruttive sostenibili e locali. Ha partecipato a diversi progetti (tra cui il “progetto Barega”) e spesso si dedica a laboratori dove mostra come costruire i mattoni di terra cruda significhi entrare in reale contatto con la terra, sporcandosi le mani e facendoci comprendere come questo materiale sia delicato e forte al tempo stesso. Su Làdiri sardo è un richiamo alla nostra identità e alla nostra memoria storica che al giorno d’oggi deve essere visto in un’ottica sia di recupero del patrimonio esistente, che come nuova possibile strada verso un modo di costruire veramente ecologico e rispettoso del contesto. Andiamo a scoprire, con Luca, questo mestiere che nasce da antichi saperi!

    Luca, raccontaci brevemente chi sei e di cosa ti occupi.

    Sono Luca Murgia e sono cresciuto a Monastir. Mi occupo di edilizia dai primi anni ’90 e dopo varie esperienze lavorative ho iniziato a costruire e restaurare le case in Làdiri (terra cruda). Attualmente collaboro con un’impresa, occupandomi di costruzioni e soprattutto di restauri con materiali naturali.

    Come hai iniziato il tuo percorso di avvicinamento alla bioedilizia e alla Terra Cruda? C’è stato un momento o un’esperienza che ti ha ispirato a intraprendere questa strada?

    Ho iniziato per caso. Nel 2009 avevo una mia impresa e tramite un mio fornitore sono venuto a conoscenza di un artigiano che lavorava da anni  la terra cruda e che aveva bisogno di un operaio. Ho scelto di mettere in standby la mia attività e di dedicarmi a questa nuova esperienza spinto dalla curiosità di apprendere e intraprendere una nuova attività. Ringrazio tuttora Rodolfo per avermi trasmesso, con i suoi modi e la sua passione, l’amore per questo lavoro. È stato un momento di vera ispirazione e da allora ho sentito la necessità di costruire e restaurare le case con materiali naturali, prestando particolare attenzione al materiale terra cruda.

    Cosa significa essere un “ladiraiu”, ovvero un maestro del Làdiri? Quali competenze e conoscenze hai acquisito durante questa esperienza?

    Per quanto mi riguarda, significa portare avanti un mestiere quasi dimenticato, una tradizione locale che ha un alto valore storico e sociale. Significa non fermarsi alle competenze convenzionali in campo edile, ma ascoltare, studiare e capire i materiali nel profondo. La terra cruda, in questo senso, è un materiale vivo. Infatti, la parte più difficile di questo lavoro è saper scegliere e combinare gli “ingredienti” giusti, avere la voglia di aspettare i tempi della natura e capire come si comporta il materiale. La terra ti mette alla prova: la pazienza è d’obbligo e devi rispettare i suoi tempi. Ad esempio, poiché ogni tipo di terreno è differente, bisogna fare delle prove con le varie terre e aspettare che queste asciughino. Solo in questo modo e dopo diversi tentativi è possibile capire quale sia la giusta miscela. Inoltre le competenze che si acquisiscono sono molteplici, perché la terra ha svariati utilizzi. Oltre alla struttura portante in mattoni, la si può usare per intonaci e pavimenti, poiché è un materiale molto versatile. E in questo senso, credo che faccia emergere la parte artistica delle persone che la lavorano.

    Ti definisci più un operaio o un artigiano? Esiste una differenza tra le due parole?

    Mi definisco un artigiano che ha fatto l’operaio. Il termine artigiano si addice maggiormente a chi lavora la terra cruda perché questo materiale ti permette di costruire cose uniche, anche se poi le case sono sempre abbastanza simili. Possiamo dire che il ladiraiu ci mette il suo tocco in ogni lavoro. Ma, a mio parere, non puoi fare l’artigiano se non hai fatto l’operaio. In tutti i lavori c’è un periodo che ti permette di apprendere il mestiere e fare esperienza, la cosiddetta “gavetta”. Solo dopo aver fatto tesoro delle esperienze lavorative e metti a frutto quello che hai imparato, allora puoi diventare un artigiano.

    Che cosa rappresenta per te questo materiale e questo modo di costruire? Come si lega al tema più delicato del territorio e dell’ambiente in questa parte di Sardegna?

    Considerando che le costruzioni in terra cruda (ciò che di buono è stato lasciato dai nostri nonni) ci saranno ancora per molti anni, credo che questo materiale rappresenti il futuro. E con ciò è necessario in primis preservare queste abitazioni e riportare allo splendore i centri storici dei nostri paesi. Oltre ad un valore storico e culturale,  queste case possono darci una qualità di vita migliore di quella che le “nuove costruzioni” ci prospettano. E questo ci darebbe la possibilità di dare di nuovo un senso ai centri storici e di progettare e restaurare ad un livello qualitativo elevato e usando materiali che sono affini tra di loro e che rispettano l’ambiente. Questo si lega anche al tema più delicato del nostro territorio: molti paesi del Campidano, ad esempio, non hanno più alcuna possibilità di espansione, quindi risultano avere una forte necessità di recuperare le case dei centri storici, nel modo più naturale possibile e con i materiali che ancora sono presenti nel territorio.

    Al giorno d’oggi, si parla tanto di sostenibilità e di transizione energetica. Quali sono, a tuo avviso, i vantaggi e le sfide di questa tecnica costruttiva rispetto ai metodi tradizionali?

    Il primo vantaggio secondo me è la riduzione progressiva dell’inquinamento. Certo, si possono realizzare costruzioni ad alto efficientamento energetico ovviamente con i vari materiali moderni. Questo però, spesso, va a discapito dell’ambiente, in quanto non si tratta né di materiali prodotti in loco, né di materiali naturali e quindi non saranno mai salubri quanto quelli provenienti dalle nostre risorse territoriali. Inoltre, utilizzare materiali naturali aiuterebbe ad abbattere i costi dei trasporti e l’inquinamento che ne deriva.  Il secondo vantaggio che mi viene in mente è che quando lavori in un cantiere con la terra cruda ti rendi conto della differenza negli odori. I materiali chimici e i vari cementi e premiscelati dei cantieri convenzionali, rilasciano odori fortissimi e spesso dannosi all’inalazione e alla respirazione.

    La sfida più grande, invece, sarà quella di riportare questo tipo di costruzioni ad uno standard più moderno, facilitando, cioè, la produzione e riportandola ad un metodo standard di costruzione. Potremo, a mio avviso, cominciare ad utilizzarlo per i restauri e i recuperi degli edifici più bisognosi (ad esempio ricostruendo i ruderi secondo la loro sagoma originaria). Questo lavoro andrebbe fatto con un restauro di qualità, utilizzando anche materiali sicuramente più affini a quelli utilizzati da chi ha costruito a suo tempo. Nel mio contributo, cerco di portare l’utilizzo della terra cruda a uno standard di lavorazione convenzionale, ogni volta che ciò è possibile. L’edilizia contemporanea va molto veloce e pensare di usare un materiale che ti fa “perdere tempo” non è accettabile. C’è la necessità di affinare le tecniche di produzione e utilizzo del materiale terra cruda ai bisogni contemporanei di costruire.

    La Terra Cruda è identità e cultura sarda campidanese. Come può essere trasmessa alle più giovani generazioni affinché vengano sensibilizzate, conoscano e siano consapevoli?

    È molto importante partire da i più giovani. Per questo è necessario continuare a organizzare soprattutto nelle scuole e nelle piazze incontri didattici sul tema terra cruda. I ragazzi devono conoscere la storia dei loro paesi e il perché le case dei loro nonni erano costruite in un certo modo. Inoltre, dovremmo creare maggiore coesione tra tutti coloro che si occupano di terra e chi, come nel mio caso, porta avanti questo mestiere “antico” ma così attuale. Soprattutto ora che le persone si stanno rendendo conto del bisogno ecologico e c’è sempre più consapevolezza del fatto che abbiamo cementificato un po’ troppo. Forse, abbiamo bisogno di fare qualche “passo indietro”. Spesso, invece, sembriamo un po’ disuniti. Oltre questo mi piacerebbe creare un campo estivo per i ragazzi e avere un po’ di tempo in più per insegnare veramente come si costruisce una casa in Làdiri. Magari non servirà nella loro vita perché faranno altro, ma può essere di aiuto a capire molte cose sulle loro origini e sulla bellezza delle costruzioni in terra cruda.

    Qual è stato uno dei momenti più belli ed emozionanti di questo tuo percorso? Ci sono stati, per contro, momenti in cui ti sei scoraggiato? Come li hai affrontati?

    Uno dei momenti più belli è stato quando ho iniziato a vedere il risultato dei lavori fatti autonomamente, tramite l’esperienza acquisita dagli insegnamenti di altre persone. Da allievo diventi maestro. E vedere il frutto del tuo lavoro è impagabile. Purtroppo ci sono stati spesso dei momenti in cui mi sono scoraggiato perché è un lavoro duro, faticoso, in cui bisogna avere molta pazienza e non sempre vedi subito i risultati. Soprattutto, ci si scontra con la velocità del mondo contemporaneo e con il fatto che non esistono delle vere e proprie schede tecniche che ti aiutano a capire come utilizzare il materiale. C’è solo l’esperienza che non acquisisci in poco tempo. Bisogna tenere duro, lavorare con impegno e non farsi scoraggiare quando qualcosa non va subito come vorremmo.

    Hai degli obiettivi per il prossimo futuro o qualche progetto in mente che vorresti realizzare in modo particolare?

    Il primo obiettivo è continuare a sensibilizzare le persone alla conoscenza della terra cruda e quindi del Làdiri, non solo dal punto di vista storico, ma anche come realtà costruttiva ancora possibile. Uno dei progetti che vorrei realizzare è quello di continuare a dialogare con le amministrazioni comunali per quanto riguarda la tematica di sensibilizzazione e di restauro dei centri storici, i cui bisogni sono oggi a metà tra valorizzazione storica e qualità di vita contemporanea sempre migliore, alla ricerca delle esigenze abitative odierne.

    Un consiglio per un giovanissimo che volesse approcciarsi, in maniera pratica, al mondo della bioarchitettura.

    Il consiglio più grande che posso dare è appassionatevi alle cose, in generale. Se vi avvicinate al mondo della terra cruda, ancora di più la passione è necessaria. Cercate di capire come funzionano i materiali e non solo perché qualcuno prima di voi li ha utilizzati per costruire. Tutto quello che ci serve è a portata di mano: imparate a conoscerlo. Non fatevi spaventare dal fatto che non trovate il materiale pronto: lo avete appena sotto i vostri piedi. Prendetevi il tempo giusto per imparare perché è un’arte che in pochi sanno ancora fare. Ricordate che c’è bisogno di nuovi futuri maestri che imparino, a mio avviso, la cosa migliore che vi possa capitare!

      

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