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Nel cuore di Rosas, la miniera recuperata nel territorio di Narcao

    In un recente articolo della mia webzine si è parlato di miniere abbandonate e villaggi che ancora oggi resistono. Potete rileggere a proposito del villaggio Norman di Gonnesa a questo link. È con grande piacere che oggi voglio parlarvi di un altro ex villaggio minerario che resiste: la Miniera di Rosas a Narcao, interessata da un importante recupero e rifunzionalizzazione, cominciato circa 13 anni fa. Ci troviamo a 7 km da Narcao, piccolo paese Sulcitano, il cui punto di riferimento è la cittadina di Carbonia. Siamo dunque in un territorio di grande pregio paesaggistico, archeologico e storico-culturale.

    Il mio viaggio parte dal Medio Campidano e attraversa quasi tutta la SS293, la Samassi-Giba. Dopo aver passato Siliqua e il Castello di Acquafredda ci si immerge all’interno di un territorio montuoso spettacolare che divide, di fatto, il Sulcis dalla valle del Cixerri e dal Campidano. Superata la diga di Bau Pressiu, dopo 13 km di curve, si arriva nuovamente a valle nei territori di Nuxis e Narcao. Giusto il tempo di qualche chilometro per poi addentrarsi nuovamente nella montagna, in direzione Terrubia e poi Rosas. Il Sulcis è un “arcipelago” di piccole frazioni e abitazioni diffuse e sparse lungo tutto il suo territorio, con piccoli paesi aggregatori e nessuna vera cittadina, a parte Carbonia.

    Arrivati a Rosas ci accoglie un’atmosfera fuori dal tempo, dove vecchie strutture recuperate, antiche casette ristrutturate, un’area ristorazione e un polo museale sono in sintonia con i percorsi originari, le antiche macchine, il verde del bosco, la macchia mediterranea…. La miniera fu inaugurata e aperta nei primi anni ’50 dell’800, di fatto una delle prime in Sardegna. La sua attività estrattiva è andata avanti fino al 1980, anno della chiusura e dell’inizio del suo abbandono. La decisione poi di recuperarla ai fini turistici ed esperienziali, ha donata una nuova vita a uno dei luoghi più suggestivi e importanti di questa parte di Sardegna, che tra le altre cose è anche parte del percorso del Cammino di Santa Barbara. Tutto o quasi è stato recuperato e rifunzionalizzato: la laveria ospita ora il museo di archeologia industriale, l’ex ufficio postale è un ristorante, le ex case dei minatori sono diventate rifugi diffusi dove è possibile dormire e soggiornare e la vecchia scuola è un ostello. Tutto ciò è stato possibile grazie agli enti gestori di questo luogo (Rosas è stata parte di uno degli otto distretti del parco geominerario storico e ambientale della Sardegna) e di cui oggi restano il Comune di Narcao e l’Associazione Miniere Rosas.

    Se pur ci si potrebbe soffermare con occhio critico su alcuni elementi progettuali che hanno costituito questo intervento, la visita alla miniera di Rosas è un viaggio contemporaneo in un tempo lontano, in una memoria e un’identità recuperata e riadeguata ai nostri tempi, con risultati di tutto rispetto. Come già ricordato in precedenti occasioni, il tema dei villaggi minerari, della loro storia, del loro declino e in alcuni casi del loro recupero (come successo appunto a Rosas) è di fondamentale e primaria importanza per il futuro del nostro territorio e delle nostre comunità. Abbiamo un patrimonio inestimabile e il dovere di farlo rivivere e riconsegnarlo a noi stessi e alle generazioni future. 

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    Tutte le foto sono di proprietà di saracolluarchitect ©